Quanto può essere facile oggi parlare di Olocausto? E certo, allo stesso tempo anche difficile. Non cadere in banalità (seppur tremende) e nel pietismo dovrebbe essere la prima preoccupazione di uno storico.
Spiegelman, che pure storico non è, con questo MAUS evita entrambi i pericoli anche (e soprattutto) perchè non parla “semplicemente” di Olocausto. Maus è un fumetto abbastanza conosciuto, arrivato da noi come prodotto geniale del panorama underground del fumetto USA dei primi ’90. Fu salutato con ovazioni dalla critica e con un discreto successo di pubblico.
Il fumetto racconta l’odissea degli ebrei nell’Europa nazista, e già questo è qualcosa di particolare (per un fumetto), ma la vera genialità di Maus sta nel impianto meta-fumettistico (o meta-storico): la storia narrata nella storia narrata, in cui è tutto vero (o comunque così ci è dato credere) e la narrazione (di Art Spiegelman che vuole scrivere questo fumetto) della/nella narrazione (la vicenda personale del padre di Art, internato nei campi di concentramento) acquista un valore terapeutico prima ancora che letterario.
Già la forma zoomorfa (gli ebrei sono topi, i nazisti gatti, i polacchi maiali, gli americani cani) meriterebbe attenzione, ma Spiegelman non si ferma ad una rappresentazione simbolica seppur forte (guardate come Vladek si “traveste” da polacco), scava nel terreno forse meno praticato dagli storici: l’impressione del momento, le sensazioni, i sentimenti, così da dare un quadro della situazione più veritiero di qualsiasi documento d’epoca.
Nonostante siano in gioco tali emozioni e sentimenti, l’onestà dell’autore è tale da non far scadere l’opera nel facile sentimentalismo, nel luogo comune. Art Spiegelman non solo “dice l’impossibile attraverso la pietas artistica” (come dice Moni Ovadia nella sua prefazione), ma libera sè stesso da vecchi complessi, libera il suo rapporto col padre (narrato molto bene nel racconto). Da questa “liberazione” ne esce fuori un uomo più risolto.
Ma non è solo Art e suo padre Vladek, è tutta una generazione (quella nata dopo la guerra) che si confronta con quella precedente, di cui a volte non capisce i tic, le manie, di cui intuisce il dolore ma non sa (o non può)condivididerlo appieno.
Il personale e il sociale, la micro storia e la macrostoria coesistono in due piani narrativi che s’intrecciano continuamente. E’ questa la vera forza di Maus. L’Olocausto è probabilmente il “casus belli” da cui tutto parte e su cui tutto “s’impunta”, da cui ci si deve liberare, senza dimenticare.
Alla fine è un libro per i vivi e non per i morti. Qui sta la vera genialità: Maus è vero più di qualunque altro libro “storico serio” sull’argomento.
Non è poco, specie pensando che è “solo” un fumetto…
Grazie a B. per avermi fatto riscoprire questo piccolo capolavoro.
MAUS
Autore: Art Spiegelman
Genere: fumetto/biografico
Anno: 78-91
Edizione: Einaudi Tascabili, Stile libero
Pagine: 291
Prezzo: 12,80 euro
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