Black Sails

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In una serata noiosa, spulciando fra i titoli di Netflix, mi imbatto in questo Black Sails (vele nere).
Mi incuriosisco e decido di saggiarlo, per lo meno vedere la prima puntata, in fondo, le storie di mare e di pirati mi sono sempre piaciute.
Mi aspettavo un qualcosa sullo stile de “I Pirati dei Caraibi”, ma mi ritrovo a guardare una serie che partendo da un romanzo di fantasia, stravolge l’iconografia “Disney-style” della pirateria, per restituire allo spettatore sia una certa fedeltà storica ad un determinato periodo, sia l’ epicità leggendaria del romanzo.
Black Sails è un telefilm ambientato nella (seconda) epoca d’oro della pirateria, a New Provvidence/Nassau (Bahamas) e narra le vicende di  alcuni pirati, alcuni esistiti veramente, altri inventati, alle prese con la marina britannica, le scaramucce fra loro, i problemi riguardanti il governo dell’isola e un mitico tesoro a bordo di un galeone spagnolo.

Gli sceneggiatori/scrittori della serie, hanno deciso di usare gli stilemi che oggi vanno per la maggiore (intrighi “politici”, relazioni pericolose, battaglie, linguaggio aggressivo, violenza e sesso mostrati esplicitamente, ) e caratterizzando ( e decretano il successo) anche altre serie (come Il Trono di Spade, Spartacus, Rome, etc… per rimanere nel novero delle serie “in costume”), per raccontare un’ epoca, relativamente breve, assurta a mito.
D altro canto è il mito stesso della pirateria che si è sempre nutrito di violenza: non sapremmo certo immaginare una Tortuga o una Nassau, senza la presenza di personaggi privi di scrupoli che girano per locande in cerca di informazioni, uomini per l’equipaggio, munizioni, rum o prostitute.
Black Sails ha il merito  di restituire, in un certo senso, la dimensione corporale a questi personaggi, mostrando sangue e fango, acqua (tanta) e vita quotidiana.

Tuttavia, quest’opera di “concretizzazione” non si riduce ad un’asettica “storicizzazione”, e concede molto alla costruzione della leggenda e del mito. Ecco allora Edward Teach, il mitico “Barbanera“, rappresentato come vorrebbe la migliore tradizione orale, ecco il “triangolo amoroso fra Anne Bonny, Calico Jack Rackham e Mary Read (qui però “trasformata” in una prostituta di nome Max) ed ecco, soprattutto, i personaggi inventati del Capitano Flint, e di Long John Silver, in fin dei conti, i veri protagonisti di Black Sails.
In realtà, a ben guardare, tutta la serie, man mano che si avvicendano gli episodi e si susseguono le stagioni, sembra andare in questa strana direzione. La Nassau dei bordelli non sparisce, ma cede quasi impercettibilmente il passo a dialoghi serrati fra i protagonisti e i loro demoni interiori, gli arrembaggi “storicamente accurati”, diventano sempre più gesta eclatanti, gli intrighi di potere e sesso, sempre presenti, vanno ad assumere le sembianze di un gioco di destini già segnati.
Tutto sembra voler avvitarsi, condurre in un’unica direzione che ha, soprattutto, il sapore della leggenda.
La direzione presa è, esplicitamente, la creazione di una leggenda, quella di Long John Silver.
E in fondo non poteva essere altrimenti: Black Sails, a volerlo ridurre, altro non è che un prequel a L’Isola del Tesoro di Robert Louis Stevenson.

Gli autori della serie hanno mirabilmente costruito, in un’operazione ambiziosa e geniale, gli antefatti di un romanzo che, dell’immaginario collettivo sulla pirateria, è sia prodotto che produttore. Hanno dato una voce e un volto al Capitano Flint (“mentore” di Long John Silver), calandolo in una realtà storicizzata, assieme a pirati, governatori e località realmente esistiti.
E se L’Isola del Tesoro è anche un romanzo di formazione dell’eroe Jim Hawkins, Black Sails, spiegando gli antefatti delle vicende narrate nel libro, diventa anche il “romanzo di formazione” del suo antagonista, raccontando come il giovane e scaltro  avventuriero John Silver, diventa uno dei più temuti e rispettati pirati dei Caraibi, Long John Silver. E non credo che sia un caso, che la costruzione del mito, fatta anche “a tavolino”, sia opera di un marinaio amico di Silver: Billy Bones …

Un’ottimo esempio di operazione metacinematografica, quasi per la serie “come sarebbero i romanzi nella realtà”.

Attenzione però: tutto questo nella serie non viene mai detto ne accennato (almeno fino alla fine della stagione 3), lo spettatore è catturato dalla trama e dalle sotto trame della narrazione, dalle scene di battaglia e (perchè no?) dall’avvenenza dei personaggi femminili.
Ed è questo sapiente mix, fra l’intento di creare una mitologia da una parte e il raccontare una storia avvincente e che si regga in piedi da sola, dall’altra a fare di Black Sails una delle migliori serie televisive degli ultimi anni.

Consigliatissimo.

NB: la serie non si è ancora conclusa. E’ stata trasmessa la 3° stagione. Tuttavia i produttori hanno dichiarato che la 4°, che uscirà a gennaio 2017, sarà l’ultima.

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BLACK SAILS

Titolo Oiginale: Black Sails
Regia: vari
Scritto da: Robert Levine, Jonathan E. Steinberg
Genere: Drammatico, Avventura, Storico
Anno: 2014-2017
Paese: USA
Musiche: Bear McCreary
Produzione: Platinum Dunes, Quaker Moving Pictures
Rete televisiva: Starz
Stagioni: 4
Episodi: 38
Durata (episodio): 60 minuti
Cast: Toby Stephens, Hannah New, Luke Arnold, Jessica Parker Kennedy, Tom Hopper, Zach McGowan, Toby Schmitz, Clara Paget, Mark Ryan, Hakeem Kae-Kazim, Sean Cameron Michael, Louise Barnes, Rupert Penry-Jones, Luke Roberts, Ray Stevenson

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